Le LOW SO2 Solutions di Perdomini-IOC

Le forme della solforosa e la loro importanza in enologia

Come intervenire per ridurre le solfitazioni in diverse tappe della vinificazione

L’impiego della solforosa – conosciuta da Omero (900 a.C.) come disinfettante – viene citato in enologia già a partire dal 1487. L’anidride solforosa è un coadiuvante tecnologico divenuto d’utilizzo ordinario in virtù dei suoi importanti vantaggi. Nella sua forma molecolare detta attiva (H2SO3), essa svolge un ruolo antisettico di stabilizzazione microbiologica del vino grazie alla sua attività batterica e fungicida. Nella forma libera (molecolare ma anche salificata HSO3) esercita un potere antiossidante – neutralizzando indirettamente l’ossigeno disciolto o i chinoni, ossidandosi in solfato – ma anche antiossidasico – inibendo gli enzimi e provocando ossidazioni (inibizione totale della tirosinasi originaria dell’uva, parziale sulla laccasi prodotta dalla Botrytis cinerea). Infine, combinandosi con l’etanale, neutralizza l’odore di ridotto. La SO2 in questi ultimi anni è stata tuttavia riconosciuta come elemento negativo: • è tossica per l’organismo umano e presenta, a tal riguardo, un pericolo sia per il consumatore di vino che per gli addetti ai lavori in cantina; • è un precursore di possibili aromi solforati negativi, del tipo H2S, detti di riduzione, che vengono prodotti durante la fermentazione; oppure può ossidarsi in solfato, composto che verrebbe ritenuto responsabile della comparsa di secchezza in bocca; inoltre può provocare nel lievito una formazione importante d’etanale, altra molecola indesiderata; • il suo odore è percettibile e/o può mascherare certi aromi favorevoli del vino; • combinandosi con gli antociani, pigmenti contenuti nei vini rossi e rosé, ne provoca la decolorazione parziale (in alcuni casi reversibile). Per queste ragioni, numerose ricerche si prefiggono lo scopo di ridurre il suo utilizzo in enologia e di individuare delle alternative sia per le sue capacità antimicrobiche che antiossidanti. Nella vinificazione in bianco o rosé, uno dei maggiori rischi – laddove si intenda limitare i tenori in solfiti – riguarda generalmente i fenomeni d’ossidazione. Si tratta quindi di un punto chiave nell’elaborazione di questo tipo di vini. Nel vino rosso, i rischi microbiologici sono spesso predominanti ed è proprio questo tipo di pericolo che richiede vengano gestite delle possibili alternative. In tutti i casi, il pH del mosto e del vino rimane il parametro chiave che guida numerose decisioni. Ad un pH basso (vicino al 3.0), la SO2 è maggiormente in equilibrio nella sua forma molecolare attiva e i rischi di alterazioni microbiche ma anche ossidasiche e ossidative sono minori. A pH elevato (superiore a 3.5), i vini sono al contrario più sensibili agli attacchi dei contaminanti, come i lieviti appartenenti al genere Brettanomyces o certi batteri nocivi, ma anche all’ossidazione.

Essendo la gestione dell’acidità del vino un elemento fondamentale di controllo, i mosti dovranno di conseguenza essere trattati in modo diverso, a seconda del loro pH. Inoltre, il livello di maturità, la ricchezza in polifenoli dei vitigni, la durata delle operazioni di prefermentazione, le temperature a ciascuna tappa del processo sono altrettanti punti chiave da controllare e attorno ai quali concentrarsi per individuare un itinerario alternativo. Perdomini-IOC e l’Institut Oenologique de Champagne si occupano da molti anni di queste particolari attività. Grazie al supporto di partner, come gli istituti di ricerca, e assieme ai propri fornitori, Perdomini-IOC e IOC sono attualmente in grado di proporre una gamma di metodi o strumenti alternativi all’anidride solforosa, con lo scopo di eliminarla totalmente, o di limitarne fortemente l’uso e i quantitativi nel vino. Occorrerà evidentemente adattarne l’utilizzo a ciascuna materia prima, tipo di vinificazione, livello di rischio, obiettivo-prodotto e limiti tecnici ed economici. A tale scopo i nostri enologi sono a vostra disposizione per identificare la soluzione più adatta ad ogni singola esigenza. Ben consapevoli che la limitazione delle concentrazioni di SO2 nel vino non possono basarsi solamente sull’impiego di procedure classiche, Perdomini-IOC e IOC hanno sviluppato la gamma LOW SO2 Solutions, prodotti e tecniche complementari concepite soprattutto per questo obiettivo. L’impiego o meno di questi strumenti deve avvenire dopo uno studio accurato delle tecnologie attualmente in uso, dei limiti e dei rischi (tanto microbiologici che ossidativi), per raggiungere l’obiettivo voluto, ovvero la riduzione del tenore in solfiti.

Vendemmia e tappe prefermentative: il controllo della materia vivente con la materia vivente: GAÏATM

Dalla vendemmia fino al tino o alla pigiatura, i microrganismi responsabili delle alterazioni acetiche (come Kloeckera apiculata) possono andare incontro ad una moltiplicazione incontrollata. I rischi aumentano quando si realizzano macerazioni prefermentative, soprattutto nel caso di temperature non particolarmente basse o per tempi prolungati. L’Institut Français de la Vigne et du Vin ha selezionato GAÏATM, un lievito Metschnikowia fructicola privo di potere fermentativo in grado di lottare contro questi lieviti indesiderati. GAÏATM occupa una nicchia ecologica riducendo così le alterazioni e i rischi di avvio precoce della fermentazione alcolica. È quindi ovvio che GAÏATM si riveli uno strumento importante per limitare la solfitazione prefermentativa, sia che venga utilizzata in vasca che negli stadi più precoci (cassoni di raccolta dell’uva). GAÏATM facilita anche l’inoculo dei lieviti selezionati (S. cerevisiae) e inoculati in seguito per guidare la fermentazione.

Fermentazione alcolica: evitare la produzione di solforosa e di composti combinanti coi lieviti IOC BE

I lieviti classici e a maggior ragione certi lieviti indigeni possono generare quantità variabili, persino elevate (dell’ordine dei 40÷100 mg/L) di SO2. Questi stessi lieviti producono generalmente concentrazioni importanti di etanale, che è il più forte elemento di combinazione dei solfiti. Questa capacità dipende dalle condizioni di temperatura, torbidità e nutrimento applicate al mosto. Tuttavia, alcuni rari lieviti non possiedono questa proprietà di produrre SO2, qualunque sia l’ambiente fermentativo. Alcuni metodi di fermentazione innovativi hanno recentemente permesso di ottenere questo tipo di lieviti per l’enologia: la gamma IOC BE. Primi tra tutti, IOC BE THIOLS e IOC BE FRUITS, si rivelano più efficaci rispetto all’offerta tradizionale di lieviti a bassa produzione di SO2 / etanale (IOC TwICE, IOC R 9008, IOC PrimRouge…).

Mosto e fermentazione alcolica: anticipare l’arricchimento del vino in glutatione con GLUTAROM EXTRA

Il glutatione ridotto (GSH) è un tripeptide che mostra indirettamente un forte potere antiossidante. Reagisce non a caso con i chinoni, evitando la loro agglomerazione (responsabile dell’imbrunimento dei mosti e dei vini ossidati) e l’ossidazione dei composti aromatici. Quando è presente naturalmente nell’uva, i suoi valori sono spesso troppo bassi per consentire un’efficace protezione del vino. GLUTAROM EXTRA è il risultato delle più recenti tecniche di selezione e produzione di lieviti inattivati ad elevato tenore di GSH. Quando viene aggiunto all’inizio della fermentazione permette, in ultimo, di produrre un vino più concentrato in GSH, a condizione che si provveda ad alimentare correttamente il lievito con azoto organico. In caso di bassi tenori in solfiti, l’impatto positivo prodotto da questa ricchezza in GSH è netto sugli aromi, anche nel vino rosso. Allo stesso modo è stato anche dimostrato che l’aggiunta di lievito inattivato ricco in GSH può essere più efficace per il contenuto aromatico rispetto ad un’aggiunta di glutatione puro, verosimilmente in ragione di sinergie con gli altri componenti del lieviti.

Le forme della solforosa e la loro importanza in enologia - Ultima modifica: 2017-07-06T19:39:02+02:00 da Redazione

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