Un protocollo ad hoc

Dalla ricerca nuovi strumenti per gestire gli arresti di fermentazione

Innovativo processo di pre-acclimatamento sviluppato da Lallemand

Gli arresti di fermentazione sono stati oggetto di numerosi studi che hanno dimostrato come certe condizioni biologiche e chimico-fisiche (microrganismi contaminanti, carenza d’ossigeno, carenze in micro e macro-nutrienti, basso pH, temperature estreme, presenza di composti inibitori, alterazioni della concentrazione cationica etc.) possano indurre problemi fermentativi; ad oggi comunque le basi metaboliche all’origine di questi fenomeni non sono state ancora del tutto chiarite.

Il consumo di zuccheri: l’indice fruttofilo

In condizioni enologiche, i principali zuccheri fermentescibili da parte di Saccharomyces cerevisiae sono il glucosio ed il fruttosio. Questi esosi sono generalmente presenti nei mosti in quantità equivalenti, ma in alcuni casi (annate siccitose, maturazioni spinte) le loro proporzioni possono variare (Snyman, 2006; Kliever, 1967). Durante la fermentazione alcolica, le cinetiche di consumo degli zuccheri sono fortemente condizionate dalla velocità di trasporto degli stessi nel citoplasma del lievito, funzione espletata da alcune specifiche proteine di membrana, i trasportatori codificati dai geni della famiglia HXT (hexose transporters). Queste proteine possiedono una maggiore affinità per il glucosio, il che spiega perché, quando le fermentazioni si arrestano, lo zucchero residuo sia principalmente fruttosio. Secondo i dati disponibili in letteratura, il livello di fruttosio residuo nei vini in arresto è generalmente 10 volte la concentrazione del glucosio; secondo Gafner e Schûtz (1996), è possibile predire un arresto di fermentazione quando il rapporto glucosio/fruttosio (GFR) è inferiore a 0,1. L’utilizzo del fruttosio da parte dei lieviti è perciò essenziale per avere un tasso di fermentazione ottimale anche a fine fermentazione alcolica. In queste fasi i lieviti sono costretti a fermentare questo zucchero poco gradito in presenza di grandi quantità di etanolo ed in condizioni esasperate da squilibri nutrizionali che possono portare a fermentazioni lente o incomplete (Guillaume et al., 2007). Grazie ad uno studio di caratterizzazione condotto da Lallemand sui lieviti enologici è stato possibile stabilire un parametro oggettivo per misurare la capacità dei lieviti di consumare fruttosio nella seconda metà della fermentazione in condizioni standardizzate. Questa abilità viene misurata tramite l’indice fruttofilo, che rappresenta l’area compresa tra le curve di utilizzo del glucosio e del fruttosio rispetto alla CO2 emessa. Più piccola è l’area, più simili sono le cinetiche di utilizzo del fruttosio e del glucosio (Dumont et al., 2009) e quindi più elevato sarà questo indice (Grafico 1).

Come procedere in caso di arresto fermentativo

Quando si riavvia una fermentazione in arresto, l’utilizzo di un protocollo efficace a garantire la buona riuscita del processo è un altro aspetto fondamentale. Innanzitutto, il consiglio generale è quello di effettuare un’operazione di detossificazione del vino bloccato mediante l’aggiunta di pareti di lievito ad elevata affinità per i composti inibitori della fermentazione alcolica (Grafico 2).

Dopo 24-48 ore di contatto, sarà necessario separare la biomassa di lievito in sofferenza non più in grado di portare a termine la fermentazione alcolica. Durante la preparazione del nuovo inoculo, dovrà essere curato l’acclimatamento progressivo del lievito in modo da avere una concentrazione di alcol e di zuccheri nel pied de cuve paragonabile al vino in arresto che andremo a reinoculare. Questo dettaglio, a volte sottovalutato, non è secondario in quanto S. cerevisiae attiva proteine di trasporto differenti a seconda della concentrazione zuccherina del mezzo. Ovviamente va tenuto in considerazione anche l’aspetto nutrizionale, in quanto è consigliabile privilegiare forme di azoto organico complete di tutti gli elementi essenziali al lievito per completare la fermentazione alcolica.

Un protocollo ad hoc

Un innovativo processo di pre-acclimatamento sviluppato da Lallemand, ha permesso di incrementare la resistenza del lievito Uvaferm 43, il ceppo con il più alto indice fruttofilo, alle condizioni critiche dei vini in arresto di fermentazione (alcol elevato, SO2, acidi grassi a corta e media catena, residui di antiparassitari). Prove comparative su vini in arresto fermentativo hanno dimostrato, a parità di protocollo utilizzato, una significativa riduzione dei tempi necessari a portare a secco gli zuccheri (Grafico 3 e tabella) con il nuovo Uvaferm 43 RESTARTTM in confronto al lievito Uvaferm 43 standard.

Sulla base di numerose ed estese esperienze di cantina, è stato inoltre possibile mettere a punto un nuovo protocollo semplificato con lo scopo ridurre le operazioni necessarie alla preparazione di un pied de cuve efficace per il riavvio della fermentazione alcolica. Le caratteristiche innovative del nuovo Uvaferm 43 RESTARTTM permettono infatti di preparare in un solo passaggio una biomassa ad elevata efficienza, pronta per l’inoculo in vasca, con un significativo risparmio di tempo e manodopera.

Dalla ricerca nuovi strumenti per gestire gli arresti di fermentazione - Ultima modifica: 2017-08-31T17:36:43+02:00 da Redazione

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